Le banche come servizio alla persona
Ripensare i luoghi di lavoro del futuro
Parlare di banche come servizio alla persona fa un certo effetto, specialmente in un periodo di scandali finanziari e di forte incertezza economica. Viene da chiedersi: in un tale scenario dove si colloca l’attenzione alla persona?
In un articolo pubblicato su Milano Finanza, l’autore riflette proprio su questo: l’esigenza di maturare un passaggio dalla distribuzione esclusiva di prodotti bancari legati ad un portafoglio d’offerta “diretto”, verso uno “indiretto” che sia una aggregazione e integrazione di prodotti provenienti da terze parti. Le banche stanno vivendo una fase di “diradamento” della propria presenza sul territorio, principalmente, ma non unicamente, per l’avvento delle piattaforme digitali, che permettono di svolgere una serie di operazioni senza doversi recare in filiale.
Nonostante ciò le banche non possono prescindere dalla loro presenza sul territorio, ripensando se stesse in un’ottica di “Filiale 4.0” che si contamina di servizi alla persona provenienti da altri mondi, come quello della prevenzione, protezione, o della formazione stessa, con la finalità di accogliere, orientare, accompagnare e promuovere la persona durante l’arco della sua vita.
La banca diventerebbe dunque, come riportato nell’articolo, un “aggregatore di servizi alla persona” e, le filiali, il tramite con cui mettere in pratica il cambiamento.
Edulife S.p.A. crede in questa visione ed ha progettato e sviluppato progetti che vanno proprio in questa direzione. Insieme alla propria Fondazione di ricerca, Edulife S.p.A. ha attivato un progetto di ricerca che ripensa i luoghi di lavoro del futuro, il “Workplace of the Future”, svolto nella sede del 311 Verona e realizzato in sinergia con Sharp Europe.
L’obiettivo del progetto è immaginare il luogo di lavoro del futuro concentrandosi prima di tutto sulla persona, sulle sue paure, i suoi talenti, le competenze e la creatività. Questo rispecchia la naturale propensione della persona ad apprendere e a crescere senza subire l’effetto della tecnologia ma, piuttosto, sfruttandone le potenzialità. Senza dubbio è un salto culturale dirompente, “disruptive”, dal momento che si tratta di un cambiamento non semplicemente tecnologico, ma profondamente umano.
Per approfondimenti fare riferimento all’articolo di Marco Brandirali pubblicato su Milano Finanza e riportato da Assinews.